Aloe

Spesso chiamata la Pianta del Miracolo oppure il Guaritore Naturale, l’Aloè Vera ci riserva infinite sorprese. Il nome latino è Aloè Ferox e, poiché confusa con l’agave e con il cactus, si pensa comunemente che appartenga alla famiglia delle cactacee, mentre fa parte di quella delle liliacee. L’Aloè Ferox (o Selvatica) cresce nella regione vergine (e, sotto il profilo paesaggistico, idilliaca) del Capo, in Sud Africa, e sopravvive dove altre piante appassirebbero e morirebbero, potendo chiudere i pori per impedire la perdita di umidità. Grazie alla sua composizione l’aloè selvatica è una vera e propria farmacia portatile, ma nonostante ciò, in questa epoca dominata da antibiotici e cortisone, è caduta in disuso. Ne esistono oltre 200 varietà ma è l’Aloè Barbadensis Miller (Aloè Vera) la pianta che ha la maggior utilità per l’uomo.

Storia dell’aloè

Nessuno può affermare con certezza da quanto tempo l’Aloè venga considerata una pianta medicinale. Uno dei primi esempi di uso farmacologico è riportato inciso su una tavoletta di argilla sumerica che risale al 2100 a.C, ma esistono raffigurazioni di tale pianta sui muri dei templi dell’antico Egitto che risalgono al 4000 a.C. Quale sia la verità riguardo il primo uso documentato, non c’è assolutamente alcun dubbio, in quanto è riportato dalle cronache, sul fatto che l’aloè abbia svolto un ruolo di primaria importanza nella farmacologia di molte antiche civiltà. Esistono prove inconfutabili dell’uso di questa pianta come agente terapeutico in qualsiasi luogo della terra, dall’Europa meridionale al Medio Oriente, dal Nord Africa all’Asia, dall’Estremo oriente alle Americhe.

Uno dei resoconti più dettagliati compare sul “Papiro di Ebers , uno scritto egiziano risalente al 1550 a.C, dove sono documentate una serie di formule per l’uso dell’aloè (miscelata ad altri prodotti naturali) nella cura di vari disturbi sia interni che esterni. Gli antichi egizi chiamavano l’Aloè la pianta dell’immortalità e vi sono testimonianze sul suo uso nel processo di imbalsamazione e nei riti di inumazione dei Faraoni. Esistono anche ben documentate testimonianze che riguardano due delle regine egizie più famose, Nefertiti e Cleopatra, rinomate per la loro bellezza, delle quali si narra che usassero fare i bagni immerse nel succo di Aloè, miscelato con latte di capra. Intorno al 600 a.C. l’Aloè raggiunse la Persia e l’India introdotta dai mercanti arabi e, ancora oggi, le tribù beduine e i guerrieri Tuareg del Sahara conoscono questa pianta come giglio del deserto4 . Intorno al 500 a.C. l’isola di Socotra (vicino al corno d’Africa) sviluppò la reputazione di grande produttrice di Aloè e una leggenda narra che Alessandro Magno conquistò l’isola per assicurarsi una continua fornitura di aloè per curare le ferite dei propri soldati.

Tuttavia, per il primo reale riferimento all’uso farmacologico, dobbiamo affidarci all’Erbario di Dioscoride (41-68 d.C), medico greco che sviluppò la propria abilità e le proprie conoscenze al seguito dell’esercito romano di quel tempo. Egli scrisse ciò che probabilmente è la prima descrizione dettagliata dell’Aloè, notando che il contenuto delle foglie poteva essere impiegato per la cura dei foruncoli e delle emorroidi, per irritazioni al prepuzio, per ammorbidire la pelle secca, per irritazioni alle tonsille, alle gengive e alla gola, per le contusioni e per fermare le emorragie. Le proprietà terapeutiche dell’aloè sono, come già detto, conosciute da molte centinaia di anni e nel vangelo di Giovanni (19,39), si narra di come Nicodemo tentò di curare le ferite di Gesù – una volta deposto dalla croce – con una mistura di mirra ed Aloè. L’apostolo Tommaso si fece mandare la pianta dall’India e la fece conoscere al mondo. Si racconta che l’aloè ristabilisca l’equilibrio tra i tre Doshas (Kafa, Vata e Pitta) ed è grazie alla medicina ayurvedica che le preziose conoscenze dei suoi effetti sono arrivati fino a noi .

I Greci, i Romani e i Fenici hanno lasciato innumerevoli consigli sugli effetti preventivi e curativi di questa pianta e, più tardi, Marco Polo, durante i suoi viaggi in India e in Cina, trovò delle grandi distese di aloè vera e imparò ad usarla dalla medicina orientale . Gli indiani d’America la consideravano come un guaritore muto e per fare i trattamenti con le sostanze ricavate da questa pianta si basavano sui cicli lunari. Per amplificarne l’effetto, ancora oggi, essi usano queste regole: se il corpo è affaticato e privo di energia (quando mancano certe sostanze), il succo deve essere assunto giornalmente dalla luna nuova al plenilunio. Se si desidera eliminare certe sostanze dal corpo (ulcere o una cura depurativa), il succo deve essere preso dal plenilunio alla luna nuova. Sono necessarie due settimane di interruzione prima di riprendere il trattamento.

Nel medio Evo e nel Rinascimento l’uso medicinale dell’aloè si diffuse in tutto il mondo, soprattutto nelle regioni settentrionali d’Europa, ma poiché essa prosperava solo in climi molto caldi, non venne apprezzato dai popoli nord-europei, sebbene crescesse in abbondanza in Spagna, Portogallo ed Italia, dove era tenuta, in ogni caso, in grande considerazione. Le conoscenze sulla “pianta miracolosa” sono state tramandate di generazione in generazione e dove essa cresceva spontaneamente, veniva venerata per le sue proprietà medicinali e per i suoi apparentemente poteri magici di guarigioni. L’aloè è stata conosciuta attraverso i millenni ed è passata alla storia nelle culture e civiltà più diverse come pianta del mito e della magia, servendo anche come pianta medicinale, ma senza un adeguato apporto scientifico. Il suo utilizzo a scopo terapeutico è stato descritto da diversi naturalisti e medici dal II secolo d.C. fino al XVII sec, sebbene le analisi chimiche su materiale organico fossero virtualmente sconosciute fino al XIX sec7.

Usi tradizionali nell’Africa del Sud

I primi abitanti dell’Africa del Sud, dove ci sono circa 130 differenti specie di

aloè e alcune di esse crescono solo localmente, conoscevano una grande varietà |

di utilizzi della pianta. Siccome le diverse tribù africane dovevano spesso

percorrere delle lunghissime distanze per incontrarsi, la popolazione utilizzava

la specie più prossima all’area d’insediamento. Il risultato era comunque valido,

indipendentemente dalle specie utilizzata. Ad alcune specie gli indigeni

attribuiscono un potere mistico, così come la facoltà di proteggere dalle malattie

e dai nemici. I membri della tribù dei Pondons rinfrescavano la loro pelle con

l’aloè aristata, sfruttandone l’effetto eutrofico e tonificante. Le tribù dei Xhosa e t*r*

dei Suthos utilizzano la polpa delle foglie e il succo giallo (contenente aloina)

dell’Aloè saponaria e dell’Aloè terrier, per curare diverse malattie parassitarie,

mentre la più conosciuta tribù degli Zulù combatteva i vermi intestinali con l’aloè marlothii. L’Aloè ferox e

saponaria erano da tutti gli indigeni usate per medicare piaghe infette, ustioni, eczema. Il trattamento

consisteva nel tagliare una foglia fresca e nell’applicarla direttamente sulla parte interessata. Le suddette

tribù utilizzavano il succo amaro anche in caso di infiammazioni o infezioni agli occhi, come purgante e

come aiuto per la digestione.

Composizione chimica ed azioni preminenti

I principi attivi dell’aloè sono costituiti da antrachinoni catartici; questi composti sono principalmente dei C-glicosidi, in particolare barbaloina, che è un glucoside dell’aloè-emodina. La maggioranza delle specie ne contiene tra ili 0 ed il 20%, ma alcune raggiungono il 30%. Si è scoperto che una singola pianta di A. vera (A. barbadensis) da Mannar (Sri Lanka) conteneva nel succo il 57% di barbaloina. La concentrazione più alta di barbaloina si trova negli essudati delle foglie giovani mature, mentre decresce nelle foglie più vecchie verso la base della pianta. La concentrazione degli antraglicosidi varia a seconda dei tipi di aloè tra il 4,5 e il 25% di aloina. Altri costituenti presenti comprendono aloesina ed il suo aglicone aloesone (un cromene), 8 antrachinoni liberi (ad esempio aloe-emodina) e resine.

La composizione del gel11 di aloè vera non è stata ancora chiarita. Finora gli studi hanno indicato che il gel è costituito da più di un tipo di polisaccaride. Mentre secondo uno studio vi erano almeno quattro differenti glucomannani parzialmente acetilati con legami interglicosidici altri presentavano un galattano acido, mannano, glucomannano, arabinano e/o glucogalamannano. Secondo gli studi in ciascun polisaccaride varia molto il rapporto degli esosi. Altri costituenti riscontrati o comunque considerati presenti sono altri polisaccaridi (contenenti galattosio, xilosio e arabinosio), steroidi, acidi organici, enzimi, principi ad attività antibiotica, amminoacidi, “stimolatori biogenici”, saponine di tipo “ormoni cicatrizzanti” e sostanze minerali. I polisaccaridi costituiscono lo 0,2-0,3% del gel fresco e lo 0,8-1,2% della materia essiccata. Nel prodotto finito l’autodegradazione dei polisaccaridi del glucomannano produce principalmente dei mannani. I polisaccaridi del gel, costituiti principalmente da mannosio e glucosio in rapporto 1:3, possono degradarsi in 48 ore a temperatura ambiente, con una diminuzione del contenuto in glucosio ed un aumento del rapporto mannosio:glucosio fino a >10. L’aggiunta di un polisaccaride solfatato di origine algale (estratto da una specie di microalga rossa) ha condotto ad un’inibizione della degradazione e ad un imbrunimento del polisaccaride dell’aloè. È stato suggerito che la carbossipeptidasi, un enzima carbossipeptidasi trovato in A. arborescens ed in altre specie, sia il principale agente antitermico delle specie di aloè.

Tuttavia, per praticità, va ricordato che il principio attivo più importate sembra essere l’aloina12 (chiamata

anche barbaloina dal momento che si trova solo nell’Aloè barbadensis) che in effetti è un C-glucoside dell’emodina e cioè uno zucchero complesso. I chimici l’hanno descritta come un misto di due

diasteromeri: l’aloina A e l’aloina B. Il succo e la sua efficacia è dovuta all’emodina, che non

contiene zuccheri e se amaro,

bruno-giallastro, estratto dalle foglie, è un lassativo assunta durante la gravidanza può provocare l’aborto (ecco perché non si possono assumere lassativi a base di aloina in particolar modo durante i primi tre mesi di gestazione). L’aloina di per sé sarebbe leggermente lassativa, ma viene trasformata in emodina (antrone), potentemene catartica, per azione dalla microflora intestinale dell’uomo. Quantità infinitesimali di succo amaro si rivelano efficaci anche in caso di certe forme di artrite e affezioni reumatiche; le ricerche relative a queste terapie sono ancora però all’inizio

Caratteristiche dei preparati e studi clinici

La “purezza” dei preparati è variabile: la separazione meccanica tra le due fasi non è sempre completa e talvolta il gel19 di Aloè vera contiene proporzioni variabili di succo. Sarebbe preferibile utilizzare gel puro, dati gli effetti potentemente lassativi del succo; in ogni caso la stabilità dei principi contenuti nelle preparazioni di Aloè è precaria e si riduce progressivamente con il passare del tempo; questo provoca differenze notevoli nella potenza del prodotto da lotto a lotto. Sebbene alcuni produttori reclamizzino speciali procedure di stabilizzazione, la migliore fonte di gel di Aloè resta la polpa estratta direttamente dalla foglia di una pianta viva. Il gel di Aloè è stato utilizzato come trattamento locale per ferite, piccole ustioni o irritazioni della pelle; in realtà la sua applicazione predominante è come ingrediente di taluni cosmetici.

Il succo di Aloè, invece, assunto per bocca, è stato propagandato come rimedio per la stitichezza, la tosse, il diabete, il cancro, le cefalee, le artriti, sindromi da immunodeficienza, le ulcere, le piaghe e vari tipi di ferite. Non tutte queste azioni sono giustificate in relazione ai componenti attivi. Gli antrochinoni e gli antroni contenuti nel succo di Aloè producono il loro effetto lassativo aumentando la peristalsi intestinale e aumentando il contenuto d’acqua intestinale agendo con l’apertura dei canali del eloro nelle membrane cellulari della mucosa del colon, che provoca la riduzione del riassorbimento idrico nell’intestino. I glicosidi antrochinonici raggiungono per lo più indigeriti l’interno del colon, sebbene possano essere in piccola parte parzialmente metabolizzati da enzimi della flora batterica intestinale. L’effetto clinico è caratterizzato da più frequenti evacuazioni di feci di consistenza molle. La gran parte degli studi scientifici sugli effetti lassativi dell’Aloè riguarda comunque l’impiego di questo rimedio in combinazione con altri lassativi come la celandina o lo psyllium.

Gli effetti collaterali dell’Aloè, soprattutto legati ad assunzione di dosi eccessive, sono dolori addominali, diarrea e squilibri elettrolitici. Pochi studi hanno investigato la supposta capacità di favorire la guarigione delle ferite con l’assunzione per bocca di gel di Aloè. Un lavoro ha dimostrato una migliorata cicatrizzazione nei topi, attribuita ad un aumento del flusso ematico capillare nell’area della lesione. Negli anni 70 due diverse commissioni della Food and Drugs Administration conclusero che non c’erano evidenze sufficienti a considerare efficace il gel di Aloè vera nella cura di piccole ustioni, tagli, abrasioni, e nel trattamento delle irritazioni vaginali. Uno studio su 5000 soggetti ha concluso per effetti positivi nella diminuzione dei fattori di rischio cardiologici per pazienti cardiopatici. Il lavoro ha mostrato che l’aggiunta alla dieta di Isabgol (che aumenta la quantità delle feci) e gel di Aloè provoca una riduzione della lipemia, con diminuzione del colesterolo totale e dei trigliceridi, aumento della frazione HDL del colesterolo e un tamponamento delle fluttuazioni della glicemia nei diabetici. Una ricerca effettuata su Mediine nel gennaio 1998 non ha evidenziato ulteriori studi sugli effetti dell’Aloè sull’assetto lipidico e il rischio cardiologico. Alcuni studi hanno mostrato una riduzione delle fluttuazioni glicemiche in animali diabetici dopo assunzione di Aloè, ma sono necessari altri studi per investigare su queste caratteristiche nell’uomo21.

Sicurezza d’impiego

La sicurezza d’impiego dell’aloè è un’altra questione interessante. Studi sulla tossicità genica hanno dimostrato che lassativi a base di aloè espongono al rischio di cancro nell’uomo quando usati per lunghi periodi e a dosaggi elevati. I prodotti a base di Aloè possono essere utilizzati per bocca come integratori alimentari, ma non hanno l’approvazione della FDA per l’impiego come farmaci. Attualmente l’unico impiego sicuro dell’Aloè vera (se utilizzata in modo appropriato per questo scopo) è come lassativo stimolante. La FDA raccomanda ulteriori studi sugli effetti e la sicurezza d’impiego dell’aloè. Sono stati riportati casi di morte in pazienti affetti da cancro e trattati da medici (cui è stata revocata la possibilità di esercitare la professione) con iniezione e.v. di preparati a base si Aloè vera. La somministrazione parenterale di Aloè vera è illegale negli Stati Uniti, ma a volte malati disperati si recano in altri paesi con una legislazione meno severa nei confronti di supposte o altro tipo di preparazioni la cui vera efficacia non è dimostrata.

Impiego in dermatologia

In dermatologia l’Aloè ha un’efficacia reale e notevole. Il suo impiego risale al 1942 quando un ingegnere chimico americano, Rodney Stockton curò una grave ustione dovuta al sole della Florida con una polpa gelatinosa estratta dall’aloè vera. Proseguì le ricerche e riuscì a stabilizzare il gel (per evitarne l’ossidazione). Dagli anni ’50 sono moltissime le ricerche sull’impiego dell’aloè in dermatologia, in particolare nella cura delle ustioni dove i risultati sono eccellenti (da citare nel 1995 la cura delle vittime dell’attentato di Oklahoma City da parte del dott. T. Moore che aveva all’attivo già 4.000 casi di ustioni trattati in tal modo). Attualmente l’aloè vera è utilizzata per curare23:

• ustioni

• escoriazioni

• cicatrici

• scottature ed eritemi solari

• pelli secche, arrossate e screpolate (come idratante)

• ragadi (anali e non

Molti prodotti con nomi commerciali blasonati si basano su l’Aloè vera. Purtroppo ne contengono percentuali minime. Per la massima efficacia occorre usare aloè concentrata in gel (almeno 0,5-2%). Alcune (pochissime) guarigioni di psoriasi di pazienti che hanno usato l’aloè hanno inserito la patologia fra quelle curabili con l’aloè. In realtà per la legge di guarigione totale ciò è del tutto arbitrario. Purtroppo sono casi isolati in cui (vista anche la componente psicosomatica della patologia) non si sa fino a che punto il trattamento con l’aloè non sia giunto casualmente in un momento in cui la malattia sarebbe comunque regredita. Purtroppo l’applicazione dell’aloè su vasta scala non ha dato risultati soddisfacenti. Esistono alcune ricerche (fra le ultime quella dell’università di Padova del 2000)24 che avrebbero rilevato l’utilità dell’aloè vera (o meglio, di alcuni derivati, l’aloe-emodina) in alcuni tipi di tumori (per esempio quelli infantili). In realtà si tratta di studi su animali (e nei decenni di sostanze anticancro su animali ne sono state studiate centinaia!) e gli stessi ricercatori mettono in guardia dai facili entusiasmi.

Dire che l’aloè ha proprietà antitumorali (se una sostanza ha accertate proprietà antitumorali la si impiega nella cura, non nella ricerca) è quindi ottimistico e scientificamente falso: è corretto dire che esistono linee di ricerca che stanno studiando la pianta. L’alore sembra dotata di proprietà antisettiche. Queste proprietà sono desunte dal fatto che l’aloè contiene la barbaloina, la isobarbaloina, l’acido aloetico, l’emodina, l’acido cinnamico, l’acido crisofanico. In realtà il contenuto di queste sostanze è percentualmente non significativo se si usano preparati naturali e non farmacologici (il principio è lo stesso del mirtillo o della carota che “fanno bene alla vista”, ma praticamente non curano nessuna patologia oculare). Una ricerca condotta su pelle artificiale (un tessuto ottenuto facendo moltiplicare in vitro i cheratinociti umani) ha dimostrato che i componenti delle glicoproteine estratte dall’aloè sono in grado di stimolare la formazione del tessuto epidermico promuovendo la formazione di nuove cellule. Non solo quindi una funzione di trattamento del sintomo (l’arrossamento e l’inaridimento della zona offesa) ma un’azione terapeutica provata dal fatto che nel tessuto a contatto con il principio attivo si osserva un aumento del fattore di crescita epidermico, di fibronectina e keratina e dei recettori cellulari cui queste sostanze si legano fisiologicamente .

Le preparazioni a base di aloè vera dunque possono essere impiegate in svariate situazioni. Per esempio, uno studio britannico aveva dimostrato come anche le ferite dovute a interventi di dermoabrasione, cui si ricorre per cancellare le rughe dal volto, mostrano una guarigione più rapida se trattate in questo modo. Ma accanto alla rapidità della guarigione si osserva anche la prevenzione degli esiti cicatriziali più fastidiosi dal punto di vista cosmetico, come la formazione di cheloidi (cicatrici rilevate dovute a irregolare deposizione del collagene) o di aree depigmentate. Per questo, l’aloè può accelerare e migliorare solo parzialmente la guarigione delle ferite post-operatorie. Inoltre queste preparazioni hanno trovato impiego anche in ambito ospedaliero, principalmente nella cura e nella prevenzione delle piaghe da decubito, cioè le lesioni della cute che si formano per la prolungata immobilità a letto26. Di recente si è ipotizzato che il gel d’Aloè può essere utile in campo tricologico. Un prodotto topico con il 96% di gel d’aloè ed aggiunta di altri componenti (niacina, pantenolo, Vitamine A, E, B5, ed acido linoleico), si è dimostrato efficace in corso di calvizie comune27. Di recente abbiamo avuto esperienze positive con impiego di un topico cremoso evanescente a base di gel d’Aloè (all’1%), unitamente a tetracicline a basso dosaggio per os, nel trattamento di alcuni casi di dermatite granulomatosa pluriorifiziale. Questa patologia, di incerta etiologia, è considerata da alcuni una variante della dermatite seborroica, da altri una varietà di rosacea . All’esame obiettivo si evidenzia una eruzione cutanea, talvolta unilaterale, con elementi di natura eritematosa, di 1-2 mm di diametro, disposti intorno alla bocca e nelle pieghe nasolabiali, che possono estendersi al mento o al labbro superiore cutaneo. È possibile che la sintomatologia si allarghi anche alla fronte, alla glabella e alle guance (Foto 1). La variante perioculare, al contrario, coinvolge principalmente le palpebre e talvolta le guance.

Il decorso è vario e capriccioso e a periodi di acuzie possono seguire momenti di apparente miglioramento. Come inizio della sintomatologia la paziente riferisce un senso di fastidio nell’area intorno alla bocca, un lieve prurito e lievi sensazioni di bruciore, subito dopo insorge l’eritema che tende a essere persistente nel tempo. A seconda della tipologia delle lesioni il quadro clinico si può presentare con la prevalenza di elementi eritematoso-papulosi, papulo-vescicolosi o papulo-pustolosi, irregolarmente distribuiti e raggruppati. Spesso gli elementi vanno incontro a desquamazione con note seborroiche e possono esitare in iperpigmentazioni. A seguire, nella stessa sede si sovrappongono nuove eruzioni determinando un andamento a carattere cronico. Si è già detto che l’eziologia è sconosciuta e che è difficile indicare la causa primaria e quella che determina il riacutizzarsi della sintomatologia. Nel tempo l’attenzione si e’ appuntata sull’uso di cosmetici locali, di cortisonici topici o dentifrici fluorati o di contraccettivi orali. C’è’ chi ha scommesso su una iperattività agli ormoni sessuali, e chi l’ha collegata a una intolleranza alla luce. Non mancano ipotesi di un’origine batterica, forse il bacillus fusiformis, o relative a un’infezione da Candida albicans probabilmente di origine orodentaria. Inoltre, se tanti anni fa si chiamavano in causa turbe intestinali quali il malassorbimento, oggi va di moda ricorrere a una spiegazione che ne attribuisce la possibile colpa all’Helicobacter pilori presente nello stomaco. Non manca la scuola di pensiero che ne mette in evidenza una componente psicosomatica . Come già detto in alcuni pazienti da noi selezionati, senza segni di gastropatia né familiarità seborroica o rosacea, l’impiego di minociclina (100 mg per os/die) e di un topico (bis in diem) a base di Aloè vera, ha determinato scomparsa dell’affezione in 6-10 settimane di terapia.